25 de Julio 2004

TU AL MAR... JO A PROP TEU..

dona de la
meva vida

L' ILIADA



L' UNIVERS DE LA PARAULA

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L' UNIVERS DE LA PARAULA DARRERA DE LA PARAULA


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LA DEESA I LA OFRENA...


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EL SOMRIURE DE LA LLUITA TOTAL...

ILIADE

Un progetto di Alessandro Baricco

L'idea è quella di leggere in pubblico l'Iliade. Un reading lungo una dozzina di ore, diviso in tre serate. Una scena essenziale, costumi appena accennati, una fonica impeccabile. Un grande schermo e il primo piano del lettore. Spesso, ma non sempre, musica, in parte live, in parte registrata. L'idea è questa. Ovviamente è qualcosa che per me continua idealmente il lavoro fatto prima con Totem e poi con il City reading project: provare a mettere la narrazione orale, forse addirittura la pura parola, al centro dell'attenzione, e farne una forma di rito, di emozione collettiva, di spettacolo.

C'è del pubblico che mi segue in questa ricerca: così ho pensato che un'altra tappa si poteva fare: e l'Iliade, tra i tanti viaggi possibili, è quello che adesso mi affascina di più.

Leggere l'Iliade, oggi e in pubblico, significa inevitabilmente riscriverla: adattarla per quel gesto particolare. Questo tratto del lavoro, ovviamente, è quello che mi riguarda più da vicino. Ho lavorato a un testo più corto, in prosa, in un italiano normale (non poetico né falsamente antico); e ho pensato a una dura storia di uomini in guerra, dove dei e creature mitiche sfumano sullo sfondo, ormai divenuti inutili. So che tutto questo suona tremendamente ambizioso (riscrivere Omero?) ma in realtà io lo interpreto come un modesto lavoro di servizio: è come una traduzione, o un adattamento. Nell'ottocento, in Italia,si traducevano i poemi omerici in poesia, con il gergo e le tecniche della poesia del tempo. Lavoro che oggi sembra assurdo, ma che in realtà era un modo di appropriarsi di quella storia dandole lo sfondo sentimentale e le forme stilistiche di quel tempo. Perché non dovremmo fare lo stesso noi? Perché non provare a cercarela nostra Iliade?

Quanto al modo di leggerla, questa Iliade, ho in mente qualcosa che viene direttamente da Totem e dal City reading project. Qualcosa che sta tra il puro diventare suono della scrittura e l'autorità emozionante del narratore in carne e ossa. L'unica cosa di cui son sicuro è che non c'entra con il recitare: per il resto ogni tanto incontro quel che cerco e allora lo riconosco; ogni tanto lo manco clamorosamente e allora mi annoio. Per l'Iliade lavorerò con una dozzina di lettori. La maggior parte sono attori (che per lo più vengono dal cinema); tre, più me, sono scrittori (gli scrittori, quando non hanno problemi di timidezza, leggono molto bene, perché credono nella scrittura e non in se stessi)
Ho riorganizzato il testo omerico in tanti racconti in soggettiva (per dire, il primo canto diventa il canto di Criseide: è lei che racconta). In pratica ne è venuta fuori una sequenza di una ventina di monologhi.In ognuno un lettore racconta la storia a nome di un personaggio particolare: e in qualche modo diventa quel personaggio. Penso a una fluviale narrazione che di volta in volta assume la faccia, la bellezza, la voce, il colore sentimentale di una persona diversa. Quanto a me, leggerò tre di quei monologhi (uno a sera) e cercherò in scena di introdurre gli altri, di legarli insieme. In qualche modo vorrei riuscire alla fine a comunicare la mia passione per quel testo. Niente di diverso da quello che facevo a Totem, per capirsi.

Due parole ancora sulla musica. Il progetto musicale l'ho affidato a Giovanni Sollima, perché è un musicista anomalo, uno di quelli che confondono le idee sui confini tra musica colta e musica altra. Ho lavorato con lui al City reading project, e lì ho scoperto che abbiamo un modo molto affine di inseguire le emozioni: così mi è parso naturale continuare con lui. Quello che gli ho chiesto è di riversare nel fiume della narrazione il suo mondo musicale, non necessariamente la sua musica: quello che gli suona nella mente, magari scritto o suonato o cantato da altri. Così alla fine verrà fuori una specie di colonna sonora costruita su suoni del mondo, o quanto meno del mondo che lui ha in testa. Lui sarà sul palco, a lavorare la musica registrata: e a tratti userà il suo violoncello per macchiare quei suoni, o prolungarli, o integrarli. Credo che sarà un bel sentire. Fermo restando che questo è uno spettacolo di parola, e le voci sono la prima e fondamentale musica che suoniamo.

Un'ultima cosa. Quando racconto questo lavoro, spesso la gente mi chiede: perché proprio l'Iliade? Alcuni vorrebbero l'Odissea (che io non amo, tranne il finale), o magari Dante o Ariosto. Ho due risposte: la prima è che l'Iliade mi sembra una storia bellissima. La seconda è che godere del racconto di una guerra mi sembra una cura efficace per allontanare il desiderio (tragico ma legittimo) di godere facendo la guerra. AB



HE RESPIRAT EL TEU AIRE I ELS TEUS LLENÇOLS...DONA DE LA MEVA VIDA

LA MIA MADONNA

Edvard Munch

Lui era seduto, le braccia intorno alla vita di lei. La sua testa era vicinissima a lui. Che strana sensazione avvertire così vicino i suoi occhi, la sua bocca, il suo seno. Poteva distinguere ogni ciglia dell’occhio. Scorgeva le linee ombreggianti all’interno dell’occhio. Poteva guardare attraverso i capelli e le pupille erano ingrandite nella semioscurità.
Le toccava le labbra con le dita, il tepore della sua carne lo commuoveva e le labbra si allargarono fino ad un sorriso. Sentiva i grandi occhi grigio blu appoggiarsi sui suoi. Guardò la sua spilla, risplendeva di una luce rossa, la sentiva con le sue dita tremanti. Poggiò la testa sul suo seno, percepiva le pulsazioni del suo cuore e quelle labbra tremanti sul collo. E questo gli dava un fremito per tutto il corpo, un piacere sensuale tremante – e si spingeva convulsamente contro di lei.

Un buio profondo, dall’intenso color viola stava scendendo su tutta la terra: sedevo sotto un albero, le foglie cominciavano a diventare gialle. Lei era accanto a me: aveva chinato la sua testa sulla mia, i capelli rosso sangue penetravano tra i miei, si attorcigliavano intorno a me come un serpente sanguinolento.
Si era allontanata – non so perché – e sempre più si allontanava verso il mare. Quando improvvisamente avvertì la presenza di una rete invisibile, che dai suoi capelli mi avvolgeva completamente. Poi lei scomparve del tutto nell’acqua e allora ebbi la sensazione di un dolore acuto perché la rete non poteva essere più sciolta.

Ti desidero quando il tuo sguardo è stanco e affaticato, quando hai sulle labbra quella smorfia di dolore a causa della tua sofferenza, quando il tuo volto è pallido, quando mi sfiora il pensiero che anche tu pensi a me e io ti desidero non più di quanto esista la certezza del male. L’umanità è una malattia della terra. Il duro scorpione della terra ha emesso gocce e fango, che sono diventati uomini e animali.
Si può vivere per un amore – ma si può vivere anche per un odio. Tante volte quando eravamo insieme e tu posavi dolente la tua testa sulla mia, mi sono chiesto se realmente ti desideravo: ti desidero quando ti vedo per la strada alta elegante e pallida, soprattutto quando di notte il tuo volto si appoggia su di me con quell’espressione dolorosa sulla bocca. Ti desideravo in quelle notti in cui ti allontanavi sorridendo: come una baccante in mezzo ad un gruppo di ammiratori. Ma soprattutto desideravo te, il tuo volto, quando quel giorno sei andata dall’altro.

Entra, guarda quante nuvole – disse. Entrai, mi diressi verso di lei: il cielo era rosso sangue. Sembra quasi un drago d’oro – disse. La presi per la vita, la sua testa riposava sulla mia.
Rimanemmo così per lungo tempo, una corrente sanguigna straordinariamente calda mi attraversò il corpo: la spinse lentamente verso di me. Ma lei si scostò: indossava una strana veletta che le oscurava gli occhi. Rimanemmo in silenzio. Poi siamo usciti e ci siamo seduti l’uno accanto all’altro. percepii il suo calore e il suo corpo appoggiato al mio.
Ci baciamo a lungo. Nel grande atelier solo un grande silenzio. Mi appoggiai con la guancia su di lei e le scompigliai i capelli.
Il volto s’infiammò. Le dissi di aver fiducia in me, ma lei non rispose. sentii lacrime brucianti sulla mia mano: allora la guardai, i suoi occhi erano luccicanti e pieni di lacrime.
Che cos’hai – le chiesi. Cercai di afferrarla come un bambino, lei si avvicinò a me in modo spasmodico.
Mia piccola bambina, so cosa c’è – e le accarezzai i capelli neri. Temo che tu sia malata – la tua passione. Non rispose, rimase in piedi con i capelli in disordine, gli occhi luccicavano attraverso le lacrime.
Ti odio – disse.
Come, mi odi – non ti ho fatto nulla di male, baciami, dì qualcosa di bello.
Mise in ordine i suoi capelli senza dire nulla.
Dammi la mano, e me la diede.
Mi guardò a lungo.
Possiamo dire di essere felici come prima. A lungo ci tenemmo per mano.

Non ci sono radici e l’uomo è un albero. La terra suda fango e questo si trasforma in piante, animali e uomini. L’uomo è un albero che mantiene salde le sue radici con la terra. E la terra è un qualcosa tra un albero con rami bellissimi e le radici. Un albero percepisce chiaramente il punto in cui cresce un ramo e questo è un presentimento: questo è il destino.
Ora ci sono due alberi. Due esseri umani sono come due sfere che si incontrano nello spazio.
Sono venuto al mondo per essere malato: la neve ha gelato le mie radici, il vento ha bloccato la crescita del tronco, il sole bruciante della vita non risplende sui germogli verdi e così l’albero della mia vita è stato spezzato sul nascere: sentivo che tutto era stato fatto troppo presto. E così non rimase altro che sperare di poter salire la piccola scala per poter accedere finalmente alle vicinanze del fuoco luminoso della vita.
Ma il mio posto nel mondo era lontano dal sole, mentre lei ha avuto la forza di chiedere al sole foglie e fiori sui rami. Ma così come era arrivata è andata via: le sue radici erano piantate nella terra concimata, il suo tronco era illuminato dal sole in modo da far crescere i rami; le foglie e i rami erano presenti fin dall’origine e lei non era mai stata lontana dal sole. Aveva luce sufficiente sia per trasformarsi che per soffrire. E così il suo albero grande mi coprì di nuvole allontanando per sempre dal mio albero la possibilità di essere riscaldato, anzi, ha portato via con sé anche il calore...

L’amore è qualcosa che assomiglia alla melodia che conclude un brano musicale: la melodia giunge da lontano, lentamente, ma alla fine arriva e soltanto allora fa sentire la sua forza originaria: e poi di nuovo lentamente scompare.
Puoi avvertire la stessa sensazione sulla spiaggia quando scompare il giorno infuocato. Potrai vedere un’onda lunga, possente muoversi stancamente verso di te; non sai da dove sia partita né quanto tempo abbia impiegato a formarsi, sai solo che alla fine si romperà contro i tuoi piedi e poi ne arriverà un’altra e poi un’altra ancora e poi un’altra...
Stai pensando a qualcosa di dolcemente triste, ma tu rimani solo con la tua solitudine.

Escrito por ENAMORA a las 25 de Julio 2004 a las 11:34 AM
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